[Gfoss] OpenData geografici - casi di successo basati sul loro impiego cercasi.

Maurizio Trevisani maurizio.trevisani a gmail.com
Sab 22 Nov 2014 21:47:44 CET


Ciao,
mi permetto di richiamare quanto ho raccontato al Gfoss-Day.

Il rilascio dei dati della PA risponde ad una serie di direttive
europee tutte in qualche modo originate o ispirate alla Convenzione di
Aarhus, che vuole un cittadino informato sull'ambiente (inteso come
ambiente, territorio, cultura, sociale, ecc.) in cui vive, che possa
incidere sulle scelte partecipando ai processi decisionali dalla PA e
che possa invocare ed ottenere giustizia (questo aspetto ancora non
affrontato da alcuna direttavia né da alcuna norma nazionale: :-((  )
sulle questioni ambientali.

Il termine "Open Data" è una moda recente che appiccica un nome
anglosassone ad un concetto molto precedente e più chiaro e
contestializzato, cercando di prefigurare una connessione logica tra
il rilascio del dato pubblico ed una possibile ricaduta positiva
sull'economia. E' questo tipo di riscontri che Andrea chiedeva, ma
sinceramente la cosa mi incuriosisce poco. Lo stesso contenuto
dell'accordo siglato con Osm mette soprattutto in risalto due aspetti:
favorire una più ampa diffusione della informazione che la PA
raccoglie A VANTAGGIO DELLA SOCIETA' E PER POTER AMMINISTRARE AL
MEGLIO LA COSA PUBBLICA, ed aumentare la qualità dei dati presenti in
OSM, sostituendo perimetrazioni raccolte in maniera eterogenea da
volontari sulla base di ortofoto di multinazionali di cui in alcun
modo è documentata la georeferenziazione e la qualità che se ne
ottiene digitalizzando su quelle foto.

La moda degli Open Data serve ad una marea di persone che su
quell'argomento possono riempirsi la bocca (girano già gli esperti di
Open Data che si propongono per supportare ed indirizzare le
amministrazioni in questa operazione !), alle PA per guadagnare un
facile consenso con campagne di comunicazione ed immagine, e come
effetto rischiano di produrre maree di DISCARICHE INFORMATICHE in giro
per il mondo, che comportano costi inutili sulle PA che le gestiscono,
guadagni a fantastici esperti di comunicazione (tweet innanzitutto!),
ed aumentano l'entropia del sistema, non favorendo la cernita delle
informazioni dalle fetenzie messe da scaricare come zip, csv, ecc.

Più correttamente le iniziative sugli Open Data dovrebbero
innanzitutto definire delle regole su cosa si pubblica (innanzitutto
quello che sta alla base dei processi decisionali, non qualsiasi cosa
capiti di trovare su un PC che non abbia al suo interno codici fiscali
e numeri telefonici!), poi in parallelo attivare dei percorsi di
confronto su quei dati, informazioni, conoscenze per costruire in
maniera partecipata (prima ancora che le scelte siano state fatte,
dice la Direttiva Europea, in questo tradita dalla legge di
recepimento italiana e dalle applicazioni nelle PA), mettendo anche in
condizione il cittadino (percorso ancora non definito, come dicevo) di
comprendere, arrabbiarsi e richiedere l'intervento della magistratura
a fronte di situazioni di degrado e di inquinamento ambientale.
La ricaduta positiva sulla crescita economica deve risultare un
vantaggio residuale rispetto ai vantaggi sulla crescita sociale,
culturale e di consapevolezza, ma ora è purtroppo lo slogan su cui in
tanti costruiscono le loro carriere (politiche o di grandi esperti).

Ciao,
Maurizio

Il 22/11/14, stefano campus<skampus a gmail.com> ha scritto:
> Luigi Pirelli-2 wrote
>> p.s. fortunatamente, il mondo visualizza dati, nonostante noi, piu'
>> che grazie a noi ;)
>
> corretto.
> ma dato che la "provocazione" di andrea riguardava proprio il valore
> aggiunto che utenti possono dare a dati open, quella rappresentazione non mi
> sembra vada verso questa direzione.
>
> s.
>
>
>
> --
> View this message in context:
> http://gfoss-geographic-free-and-open-source-software-italian-mailing.3056002.n2.nabble.com/OpenData-geografici-casi-di-successo-basati-sul-loro-impiego-cercasi-tp7590583p7590593.html
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