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<META content="text/html; charset=iso-8859-1" http-equiv=Content-Type>
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<BODY bgColor=#ffffff>
<font size="2"><b>On Mon, 2 May 2011 18:43:02 +0200, francesco marucci wrote</b>
<br />> non
c'e' da fare nessun controllo in merito, e' semplice buon
senso:
<br />>
<br />> banalmente, lo shapefile delle localizzazioni dei nidi dell'aquila
prodotto
<br />> dal servizio scentifico di un ente parco non solo non e'
"pubblico", ma non
<br />> esce neanche dalla stanza del responsabile del
servizio, e quando entra
<br />> qualche funzionario della stanza affianco, spengono lo
schermo, nel
<br />> caso lo stiano guardando. figurati se vogliono
"pubblicarlo" su
internet!
<br />>
<br />
<br />ovvio che non può essere altrimenti che così.
<br />rendere di pubblico dominio le zone di riproduzione di una specie a
<br />rischio di estinzione equivale a condannarla a morte certa.
<br />da sempre i vari WWF, Legambiente etc adottano una specie di
<br />"codice d'onore" che vincola a mantenere il massimo riserbo su
<br />queste informazioni così tanto critiche e delicate.
<br />
<br />e credo che esattamente lo stesso valga per necropoli ed altri siti
<br />archeologici rilevati ma non ancora scavati etc etc
<br />
<br />ma non c'è nessuna contraddizione con il concetto di Open Data:
<br />qualsiasi definizione che ho visto garantisce comunque la
<br />tutela della riservatezza per le informazioni "sensibili":
<br />privacy in primis, ma anche sicurezza militare, industriale,
<br />ambientale etc
<br />
<br />ciao Sandro
<br />
</font>
</BODY>
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